Domande Frequenti
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1. Che cosa è l’ipertrofia prostatica benigna?
L’ipertrofia prostatica benigna è una condizione di aumento del numero delle cellule ghiandolari della zona di transizione (centrale) della prostata (la definizione più esatta è, infatti, iperplasia prostatica benigna) che porta a un aumento del volume della ghiandola. L’ingrossamento della prostata si associa spesso, ma non sempre, con la presenza di disturbi della minzione.
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2. Quali sono i disturbi della minzione più classici nella IPB?
I disturbi più frequenti sono la riduzione della forza del getto urinario, la necessità di urinare in più tempi, lo sgocciolamento al termine della minzione, l’aumentata frequenza minzionale diurna e notturna. Va sottolineato che spesso il paziente non lamenta grandi disturbi , pur in presenza di una grande prostata. L’urologo esperto può in questi casi mettere a fuoco la reale situazione clinica con esami strumentali, in primis ecografia, uroflussimetria ed esame urodinamico completo.
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3. Che cosa è l’uroflussimetria?
L’uroflussimetria è un esame non invasivo, di rapida esecuzione e molto semplice. Consiste, infatti, nell’urinare all’interno di uno speciale contenitore collegato a un piccolo computer che registra la velocità e il tempo del flusso urinario. Si completa con la valutazione del residuo post-minzionale (la quantità di urina eventualmente rimasta in vescica) attraverso un veloce controllo ecografico sovrapubico.
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4. L’ingrossamento benigno della prostata e il tumore sono situazioni molto diverse?
Si tratta di due malattie distinte. Gli uomini affetti da ipertrofia benigna (IPB) non devono temere che la malattia si trasformi in tumore maligno. Il tumore maligno (carcinoma) si può sviluppare sia in soggetti con prostate ipertrofiche così come in soggetti senza altre malattie prostatiche. Infatti mentre l’ipertrofia benigna interessa la porzione centrale della ghiandola, il carcinoma prende origine da una zona differente della prostata: la parte periferica. Proprio per questo il tumore non dà sintomi se non nella fase avanzata (a differenza della IPB), perché non arriva a comprimere il canale uretrale.
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5. Ho una prostata ingrossata senza sospetti di tumore: devo necessariamente toglierla?
Molti anni fa le indicazioni all’intervento erano collegate quasi esclusivamente al volume della prostata, oggi fortunatamente non è più così. L’indicazione chirurgica nasce solo nel paziente che lamenta disturbi della minzione di tipo prevalentemente ostruttivo e nel quale test specialistici dimostrano in modo certo l’affaticamento della vescica al momento della minzione. Si inizia sempre con una terapia medica e, solo se essa non consente di migliorare la qualità della minzione e la qualità della vita del soggetto, allora si valuta l’opportunità di una terapia chirurgica che oggi si orienta nella maggioranza dei casi verso una terapia endoscopica trans-uretrale (TURP, vaporizzazione ed enucleazione laser). L’orientamento generale è per una terapia il meno invasiva possibile e nel contempo efficace.
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6. Quali sono i pazienti a rischio per sviluppare un tumore della prostata?
I soggetti con familiarità positiva (padre o fratelli) devono essere seguiti con molta attenzione. Secondo le linee guida internazionali, essi devono eseguire un dosaggio del PSA e una visita urologica con esplorazione rettale ogni anno a partire dai 40 anni di età.
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7. Che cosa è il PSA?
Il PSA (Antigene Prostato Specifico) è una proteina presente in grande quantità nel liquido seminale e in piccolissime quantità nel sangue. In caso di malattie della prostata come infiammazioni, ipertrofia benigna o tumore, i suoi valori nel sangue possono aumentare. Va ricordato che il tumore della prostata nella fase iniziale non provoca alcun sintomo e solo il dosaggio del PSA può consentirne la diagnosi.
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8. Che cosa è l’esame PCA3? E’ vero che sostituisce la biopsia prostatica?
Il PCA3 è un esame delle urine raccolte dopo aver eseguito un massaggio prostatico attraverso l’esplorazione rettale. L’esame ricerca un particolare gene associato al tumore della prostata. Questo test, relativamente nuovo, non sostituisce il PSA e deve essere utilizzato solo in pazienti particolari, come quelli già sottoposti a una o più biopsie con risultato negativo e con PSA persistentemente elevato. Se si evidenziano valori normali, lo specialista urologo potrebbe decidere di soprassedere a una nuova biopsia. In conclusione la PCA3 non sostituisce la biopsia prostatica, che rimane ancora l’esame fondamentale per la diagnosi di certezza.
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9. Che cosa è la risonanza magnetica multiparametrica della prostata?
La risonanza magnetica multiparametrica della prostata è un esame diagnostico molto sensibile e specifico nella valutazione di un paziente con sospetto tumore della prostata. Trova indicazione a fini diagnostici in tutti i pazienti con sospetto tumore della prostata (PSA elevato, esplorazione rettale positiva) o nel follow-up di pazienti con tumore della prostata in regime di sorveglianza attiva, mentre a scopo di stadiazione in tutti i pazienti con tumore della prostata già diagnosticato che devono essere sottoposti a chirurgia o radioterapia. L’esame dura circa 40 minuti e necessita di somministrazione di mezzo di contrasto per lo studio morfologico e funzionale della ghiandola. È altamente consigliato rivolgersi a centri di Radiologia con macchinari di risonanza magnetica di ultima generazione (3 Tesla o 1,5 Tesla) e con adeguata esperienza in questo specifico esame.
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10. In che cosa consiste la biopsia prostatica? E’ un esame rischioso?
Consiste nell’eseguire una serie di prelievi di tessuto prostatico per escludere o confermare la presenza di tumore. Si esegue sempre sotto guida ecografica transrettale con l’utilizzo di anestesia locale e/o di sedazione. Gli indirizzi più moderni suggeriscono almeno 12 prelievi per ottenere una mappatura completa della prostata. Il numero dei prelievi dipende anche dal volume della prostata; in casi particolari si può arrivare anche a 20 prelievi e oltre. Importante è la profilassi antibiotica per prevenire il rischio di infezioni. E’ eseguibile in regime ambulatoriale o in day hospital (ricovero di qualche ora). E’ sempre raccomandabile la sospensione di terapie antiaggreganti (aspirina e simili) o anticoagulanti in atto per ridurre il rischio di emorragie (sangue nelle urine e nello sperma, ematomi). A giudizio del medico i farmaci predetti vengono sostituiti con derivati eparinici.
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11. Che cosa è la colica renale?
La colica renale si manifesta tipicamente con un dolore acuto al fianco con irradiazione anteriore e verso il basso fino, talvolta, alla radice dello scroto nel maschio o alle grandi labbra nella femmina. E’ dovuta solitamente, ma non sempre, alla presenza di calcoli lungo le vie urinarie. La pronta somministrazione di un farmaco analgesico-antiinfiammatorio provoca un rapido miglioramento della sintomatologia dolorosa, anche se essa può ripresentarsi a distanza di ore o giorni in rapporto alla causa iniziale. In associazione alla terapia farmacologica, non va dimenticato l’effetto analgesico del calore (borsa dell’acqua calda applicata localmente). In corso di colica renale è consigliabile interrompere l’assunzione di liquidi o cibi solidi, in quanto essa può spesso manifestarsi in associazione con una sensazione di nausea o vomito. In presenza di un dolore non rispondente alla terapia farmacologica o di febbre alta è consigliabile rivolgersi ad un Pronto Soccorso o allo specialista urologo. Le indagini diagnostiche di primo livello da eseguire in caso di colica renale sono gli esami ematochimici, l’esame delle urine e un’ecografia dell’apparato urinario.
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12. Ho un calcolo nell’uretere. Cosa devo fare?
La presenza di un calcolo nell’uretere consiglia una serie di controlli periodici specialistici ecografici/radiografici per valutare la posizione del calcolo e l’eventuale presenza di dilatazione della via escretrice a monte dello stesso, dovuta ad una condizione di ostruzione al deflusso dell’urina dal rene verso la vescica. Quando possibile (paziente asintomatico o debolmente sintomatico, normale funzionalità renale, bassa frequenza di coliche renali, assenza di febbre o di severa dilatazione renale, calcolo di dimensioni <8 mm), la terapia espulsiva farmacologica rappresenta l’opzione di trattamento iniziale. Negli altri casi, l’intervento per via endoscopica con litotrissia e asportazione dei frammenti litiasici o la litotrissia extracorporea a onde d’urto (ESWL) rappresentano le opzioni di scelta.
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13. Ho un calcolo nel rene. Cosa devo fare?
Il trattamento di un calcolo renale viene deciso dallo specialista urologo sulla base della sede, delle dimensioni e della composizione chimica del calcolo. Non tutti i calcoli renali devono comunque essere necessariamente trattati. La litotrissia extracorporea a onde d’urto (ESWL), l’intervento per via endoscopica con strumenti rigidi o flessibili in grado di esplorare qualsiasi parte del rene, o l’intervento per via percutanea rappresentano le principali opzioni terapeutiche, con altissime percentuali di successo. La chirurgia a cielo aperto trova ormai rarissime indicazioni.
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14. Che cosa è la litotrissia extracorporea a onde d’urto (ESWL)?
Si tratta di un trattamento non-invasivo che mira a rompere un calcolo in minuti frammenti che dovranno poi essere espulsi spontaneamente dal paziente. Il trattamento può essere ambulatoriale, in regime di Day-Hospital o prevedere una notte di ricovero. Per ottenere alte percentuali di successo, risulta fondamentale l’esperienza dell’operatore e il macchinario utilizzato, oltre che la giusta indicazione e caratteristiche chimico-fisiche favorevoli del calcolo. La complicanza più frequente è l’ematuria macroscopica che generalmente scompare nelle prime 12-24 ore.
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15. Posso fare una prevenzione per evitare la formazione di nuovi calcoli?
In un’alta percentuale di soggetti affetti da calcolosi urinaria, essa è conseguenza di un difetto del nostro metabolismo, per cui è indicato eseguire una prevenzione, al fine di evitare una nuova formazione di calcoli o l’insorgenza di una colica renale. Attraverso un dettagliato studio metabolico sulle urine e sul sangue, è possibile prescrivere una terapia preventiva basata su un’adeguata idratazione, eventualmente in associazione con una corretta dieta e con l’utilizzo di integratori o farmaci.
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16. Esistono rimedi efficaci per l’eiaculazione precoce?
L’eiaculazione precoce è una disfunzione sessuale maschile piuttosto diffusa (circa il 20-25% degli uomini). Le cure fino ad oggi disponibili hanno dato risultati poco soddisfacenti. Recentemente è stato introdotto un nuovo farmaco, la dapoxetina, che rappresenta una svolta nella terapia di questo disturbo. Il farmaco agisce in modo simile agli antidepressivi, ma a differenza di questi viene assunto 1-3 ore dal previsto rapporto sessuale (farmaco cosiddetto “on demand”) e viene anche rapidamente eliminato, presentando effetti collaterali minimi e senza inibire il desiderio sessuale.
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17. Ho visto sangue nello sperma: cosa devo fare?
La presenza di sangue nello sperma viene definita emospermia. Essa è dovuta, nella grandissima parte dei casi, a un processo infiammatorio a carico della prostata (prostatite). Si presenta più spesso nell’uomo giovane. Si può manifestare, inoltre, in conseguenza di una biopsia prostatica, e in questo caso, la sua risoluzione prevede un tempo variabile da alcune settimane fino ad alcuni mesi. La terapia consigliabile è con antibiotici specifici assunti per 1-3 settimane. Rappresenta, comunque, un sintomo di cui è bene discutere sempre con l’urologo.
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18. Ho visto sangue nelle urine: cosa devo fare?
La presenza di sangue nelle urine è chiamata ematuria e deve sempre essere valutata con grande attenzione, soprattutto quando il/la paziente vede con i propri occhi le urine rosse o rosate (macroematuria). Al contrario, le urine possono avere un colore normale, ma l’esame delle urine può identificare tracce di sangue (microematuria). Bisogna sempre rivolgersi al medico in presenza di ematuria. Le cause più’ frequenti comprendono la calcolosi delle vie urinarie, le infezioni ma anche i tumori. Di solito, se il sangue si osserva all’inizio della minzione (ematuria iniziale) l’origine dell’ematuria è spesso prostatica, mentre se il sangue si osserva al termine della minzione (ematuria terminale) l’ematuria ha più’ frequentemente una origine vescicale. Quando le urine sono rosse dall’inizio alla fine della minzione si pensa ad una ematuria proveniente dall’alto apparato urinario, cioè dall’uretere o dal rene. Le indagini diagnostiche consigliabili nel paziente che riferisce ematuria sono la citologia urinaria, l’ecografia dell’apparato urinario (reni e vescica) e la cistoscopia flessibile. Si deve sempre escludere la presenza di un tumore delle vie urinarie.
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19. Cosa è la biopsia prostatica di fusione?
La biopsia prostatica di fusione consiste nell’eseguire prelievi di tessuto prostatico per via transperineale o transrettale previa fusione delle immagini di risonanza magnetica con quelle dell’ecografia prostatica transrettale. Questo metodo permette una maggior precisione del prelievo essendo lo stesso eseguito direttamente nell’area sospetta segnalata dalla risonanza magnetica che, la gran parte delle volte, non risulta invece visibile all’ecografia prostatica. E’ una metodica che sfrutta il lavoro di equipe urologo-radiologo per raggiungere risultati di diagnosi del tumore significativamente migliori.
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20. Che cosa è la fimosi e quando è necessario l’intervento chirurgico?
La fimosi è un restringimento del prepuzio (la pelle che sovrasta il glande) che non ne permette una corretta retrazione e scorrimento con conseguente difficoltà o impossibilità a scoprire il glande. La fimosi può essere congenita (se presente fin dalla nascita) o acquisita (in persone che non avevano alcun problema alla retrazione del prepuzio sul glande). Nel caso della fimosi congenita, spesso il problema si risolve in modo spontaneo con la crescita, eventualmente anche con l’aiuto di unguenti o creme a base di cortisone. La fimosi acquisita può essere invece causata da fenomeni infiammatori/infettivi cronici a carico del prepuzio (balanite, balanopostite o lichen sclerosus). Situazioni come il diabete mellito e la cattiva igiene intima sono importanti fattori di rischio. La terapia dipende dal grado della fimosi: nella fimosi non serrata (grado 0-1-2) l’applicazione di creme cortisoniche o naturali e l’utilizzo di alcuni dispositivi che consentono un delicato stretching del prepuzio (PhimoStop®) possono risolvere la situazione, mentre nei casi di fimosi serrata (grado 3-4-5) l’intervento di circoncisione (asportazione completa del prepuzio lasciando al termine il glande completamente scoperto) rappresenta la terapia di scelta. La principale complicanza della fimosi è la parafimosi. Si tratta di una situazione di emergenza che occorre quando il prepuzio si retrae scoprendo il glande, ma non è più possibile riportarlo nella posizione di partenza; questa situazione causa una sorta di strangolamento del glande con il rischio di causare pericolose complicazioni se non è trattato con urgenza.
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21. Affidabilità del PSA come marcatore tumorale
Qual è l’affidabilità del PSA come marcatore del tumore prostatico? Quali altri esami è consigliabile eseguire?
Il test del PSA non è specifico. La specificità di organo non corrisponde a una specificità di patologia. I valori possono alterarsi in rapporto a stati infiammatori (prostatite acuta febbrile, prostatite sub-acuta e cronica) o ad altre condizioni prostatiche benigne. Si è cercato di migliorare l’accuratezza del PSA ricorrendo ad alcuni suoi derivati, come il dosaggio del PSA libero (PSA free) e il rapporto PSA libero/PSA totale, ottenendo un certo miglioramento della sua specificità (minor numero di falsi positivi), seppure il problema non si sia risolto. Rimane alta la percentuale dei “falsi positivi”, cioè dei casi in cui il PSA è elevato in assenza di tumore.
Altri esami di secondo livello sono il PCA3 e la risonanza magnetica della prostata. Sarà l’urologo, in base a molti parametri clinici e diagnostici del singolo caso, a consigliare gli eventuali approfondimenti. Nonostante i limiti esposti non si deve dimenticare che il PSA può salvare alcune vite e prevenire la formazione delle metastasi ossee. Il suo dosaggio rimane altamente consigliato nei soggetti a rischio , soprattutto in quelli con familiarità positiva (padre o fratelli) per carcinoma prostatico.