Gli ultimi dati epidemiologici italiani (AIOM 2018) indicano come il tumore della prostata sia la prima neoplasia per incidenza e la terza per mortalità nel sesso maschile. Tuttavia si tratta di un tumore che nella maggior parte dei casi presenta una crescita lenta, con la maggior parte dei decessi registrati nella popolazione oltre i 70 anni.
I Programmi di Prevenzione per il tumore della prostata
I programmi di prevenzione primaria per il tumore della prostata, che mirano ad evitare l’insorgenza della malattia attraverso l’adozione di uno stile di vita attivo, una dieta equilibrata e povera di grassi saturi, hanno una efficacia limitata.
La prevenzione secondaria, basata sull’utilizzo di un test sul sangue chiamato PSA (Antigene Prostatico Specifico) per la diagnosi precoce della malattia, ha invece acquisito negli ultimi 30 anni una importanza sempre maggiore.
Bisogna però chiarire che il PSA è una proteina prodotta dalla ghiandola prostatica in toto e non dalle sole cellule tumorali della prostata: valori elevati possono conseguire quindi ad una condizione di ipertrofia prostatica (un aumento del volume della prostata conseguente all’età), alla infiammazione della ghiandola prostatica o alla presenza di un tumore della prostata.
Nonostante non restituisca una risposta univoca, l’esame del PSA risulta importante per dare una prima indicazione e procedere di conseguenza. Di fronte a valori elevati di PSA, il primo consiglio è quello di sottoporsi ad una visita urologica nel corso della quale verrà eseguita una esplorazione digitale della prostata attraverso il retto, per verificare la presenza di anomalie palpatorie.
PSA ed esplorazione rettale rappresentano quindi i cardini dello screening del tumore della prostata e non sono scindibili.
L’urologo, per un eventuale approfondimento, può inoltre avvalersi della Risonanza Magnetica Multiparametrica, oggi riconosciuta come il principale mezzo diagnostico per indagare la presenza di aree intraprostatiche sospette per tumore clinicamente significativo.
Quando è necessario lo screening del tumore alla prostata
A chi destinare lo screening è invece un argomento molto controverso. La Società Italiana di Urologia, in linea con le indicazioni dell’Associazione Europea di Urologia, consiglia l’utilizzo dei test di screening su base volontaria nella popolazione maggiormente a rischio (maschi oltre i 50 anni, maschi oltre i 45 anni con familiarità per tumore della prostata, afro-americani oltre i 45 anni). Va chiarito che è necessario sottoporsi al test di screening solo dopo aver ricevuto un’adeguata informazione sui benefici e sui pericoli dell’esame stesso, legati fondamentalmente: al rischio di diagnosi e conseguente trattamento di tumori clinicamente non significativi; ai potenziali effetti collaterali legati alle terapie (incontinenza urinaria e impotenza sessuale).
Ciò significa che l’approccio migliore è quello di eseguire un test del PSA nelle fasce di età sopra indicate e, sulla base del risultato, discutere con il proprio urologo la frequenza di ripetizione del test. Questo, infatti, in presenza di valori molto bassi (PSA <1 ng/ml) o stabili, può anche essere ripetuto ogni due anni. Diversamente, per valori iniziali > 1 ng/ml o una tendenza al progressivo aumento, la frequenza di ripetizione dovrà essere annuale.
È utile sapere, inoltre, che in un soggetto con una spettanza di vita inferiore a 10 anni, lo screening con il PSA non arreca alcun beneficio. In definitiva, la popolazione che maggiormente si può avvalere dello screening del tumore alla prostata è quella compresa tra i 45 e i 70 anni.
Di fronte a un’eventuale diagnosi di tumore della prostata, insieme al proprio urologo e al team multidisciplinare a lui legato (formato da oncologo e radioterapista), vanno attentamente valutati una serie di parametri: anagrafici, caratteristiche del tumore e condizioni generali del paziente. Ciò consente di approntare il migliore trattamento che, ad oggi, non è più solo basato sulla chirurgia o la radioterapia.
In una buona percentuale di casi, infatti, si può decidere di non intervenire e di seguire un programma di sorveglianza attiva seguendo l’evoluzione della malattia (con PSA, Risonanza Magnetica o controlli a distanza con biopsia prostatica)in quanto la malattia potrebbe presentare caratteristiche non clinicamente significative. Ovviamente, bisogna tenersi sempre pronti a intervenire, laddove necessario, se il tumore dovesse diventare maggiormente aggressivo.
Per qualsiasi necessità o per effettuare una visita di controllo, contattami.